con
Salvatore D’Onofrio
Allestimento scenico
Agnese Svajk
Costumi
Elena Ricciardi
Disegno luci
Marco Tartaglia
Testo e regia
Giuliana Pisano
Dora Pais canta per allietare gli ospiti di feste private. Il programma prevede un intervento all’inizio della serata una cena e poi la conclusione con un altro suo intervento.
Un imprevisto, una sera, costringe Dora ad un fuori programma: deve intrattenere gli ospiti perché il catering ha un forte ritardo.
Allora comincia a raccontarsi, a portare il pubblico, con la sua verve, a sfogliare l’album dei suoi ricordi, ad illustrare con ironia e un distacco, che in alcuni punti appare persino cinico, le fotografie della sua esistenza.
C’è qualcosa di strano in Dora. Ha l’aspetto di un travestito ormai sfiorito più che della vecchia signora di cui racconta.
È un racconto appassionante il suo, divertente, seppure tragico, piccole violenze private ed omicidi, ma c’è qualcosa che non torna… e Dora lo sa.
è per questo che usa tutta la sua maestria nel scegliere i gesti, nel misurare le parole della sua narrazione, sa bene che solo riuscendo a tenere sempre ben desta, fino alla fine, l’attenzione di tutti gli astanti li porterà a comprendere che quella sera Dora ha svelato tutta se stessa.
L’idea di lavorare alla scrittura di un testo teatrale partendo da un romanzo di Stephen King nacque, come tante volte accade, per caso o per fortuna. Un giorno, un amico, si presenta con una copia di “Dolores Claiborne” e, urtando la mia suscettibilità di “donna di buone letture”, mi invita a trarre “qualcosa da quelle pagine per qualche buona attrice” “non fare quella faccia se ci hanno tratto un film tu ne puoi fare un testo teatrale”.
Credo che il pregiudizio nei confronti di uno scrittore di best-seller l’avessi stampato sulla fronte.
Il mio amico però mi conosceva bene, la storia di quella semplice domestica di provincia, la sua esistenza circoscritta nel perimetro di una piccola isola, ricca di eventi più grandi di lei e destinata a soccombere, mi ha incuriosita e appassionata.
Quella storia poteva essere arricchita di particolari e considerazioni.
Il pregiudizio da cui io stessa mi ero lasciata trasportare poteva essere un buon punto di inizio. Avevo scoperto una piccola cosa di me stessa: vincere i pregiudizi era possibile dicendosi la verità. Io me l’ero detta: quella storia mi piaceva.
È da lì che sono partita.
Il romanzo ci racconta dell’interrogatorio a cui viene sottoposta una donna di mezz’età accusata dell’omicidio della signora presso la quale lavorava come dama di compagnia, e già sospettata per l’omicidio del marito avvenuto vent’anni prima, ma archiviato in seguito come morte accidentale.
La dama di compagnia dimostrerà la sua innocenza: non ha ucciso la sua padrona dimostrandolo con prove e fatti a sua discolpa. E nel fare ciò viene fuori un ulteriore macabra verità. La sua padrona, che non era dell’isola ma ci viveva da più di vent’anni, aveva ucciso sia il marito che i propri figli riuscendo a farli passare come dei tragici incidenti.
Nel testo teatrale mi sono servita della stessa trama, mantenendo le dinamiche degli omicidi. Ho trasportato la vicenda su di una piccola e non precisata isola del nostro sud. Dora Pais racconta in prima persona della sua vita e dell’assassinio del marito, concepito e messo in atto dopo un’esistenza di soprusi domestici a carico suo e dei suoi figli. I suoi ricordi vagano senza seguire un ordine cronologico in un arco di tempo che va dagli anni cinquanta ai giorni nostri.
La incontriamo in un night club, il suo night, dove lei accoglie i suoi ospiti con il suo show: Dora canta canzoni d’amore. Ma una sera c’è un piccolo incidente: il catering che avrebbe dovuto fornire la cena non arriva. Da quel momento Dora intratterrà il suo pubblico narrando la sua vita attraverso la descrizione delle persone che l’hanno accompagnata: Clara, la sua padrona di tanti anni, i suoi figli, suo marito, il cassiere della banca.
Il ritmo del suo raccontare prenderà corpo dalla varie interruzioni ad opera dell’organizzatrice, una certa Brigù, che il pubblico non vedrà mai, anch’essa sola evocata come tutti gli altri personaggi della storia.
Dora si racconta in prima persona, parla del suo essere mamma e soprattutto del suo essere donna, volevo che lo facesse in maniera straniata, come si racconta la propria vita sfogliando un vecchio album di fotografie, riuscendo a trovare la forza di sorridere delle proprie tragedie, pur lasciandosi andare a momenti di commozione.
Ho voluto che ad interpretare Dora fosse un uomo, uno sguardo diverso sulla vicenda, da me autrice donna.
Giuliana Pisano
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